mercoledì 26 novembre 2014

L'importanza di chiamarsi Matteo

Matteo significa dono di Dio. Secondo il sito significatonomi.info Matteo è schietto, deciso, solido, tenace, si impegna e riesce a ottenere ciò che si prefigge; e sul fatto che i due Matteo che imperversano sulla scena politica italiana in questo scorcio di 2014 riescano ad ottenere ciò che si prefiggono ci sono pochi dubbi.

Il primo, quello fiorentino, ribattezzato Leopoldo honoris causa, aveva lo scopo di prendersi PD e Paese e c’è riuscito in poco meno di un anno, non senza prima aver impallinato il duo Bersani-Letta e irretito 11 milioni di elettori; il secondo, il padano,  ha raccolto i cocci di una lega cialtrona e ladra è ne ha fatto il primo partito del centrodestra mantenendola un po’ meno ladra ma sempre cialtrona.

Le principali abilità dei Mattei sono: una eloquenza accattivante e fluida e una resistenza fisica degna di mezzofondista keniota che permette loro di passare da mattina a notte fonda da un talk show all'altro inframezzando la giornata con convegni, apertura cantieri, taglio di nastri e scorpacciate di polenta taragna.


Entrambi sono stati concorrenti di giochi televisivi manifestando precoce telegenicità e hanno saputo aspettare il momento opportuno per venire allo scoperto.
Si differenziano per i contenuti, con il primo che sa toccare le corde dell’ecumenica speranza di un futuro migliore e il secondo quelle della bieca incazzatura contro questo o quel nemico (vero o immaginario che sia).

Renzi ha il vantaggio di aver già raggiunto l’obiettivo massimo e può permettersi di far spallucce di fronte all'imbarazzante esito delle amministrative in Emilia Romagna e Calabria, perché da Palazzo Chigi può scegliere con attenzione il momento in cui accettare la sfida della storia. 
Salvini ha il vantaggio di essere l’unica voce funzionante in quel deserto del Gobi che è l’attuale centrodestra italiano. 
Ma mentre Renzi avrà il suo bel da fare per tenere uniti i pezzi di un partito che mal sopporta i suoi ammiccamenti (poco ortodossi per un partito che ha un storia comunque di sinistra) verso i simboli del capitalismo, Salvini può incassare l’assist del regista della destra, che con lui vede la possibilità di giocare una partita in campo e non in panchina.

Dio ci risparmi il dono di vedere un leghista presidente del consiglio; sarebbe una tragedia che si trasforma in farsa e, probabilmente, il definitivo colpo di grazia a quel poco di credibilità internazionale che ancora manteniamo come Paese.
Ve li immaginate Borghezio ministro dell’interno e Buonanno agli affari esteri?


Al Silvio che si è affrettato ad indicare l’europarlamentare più assenteista del secolo qual suo successore alla guida della sua sbandata truppa, mi permetto di mandare un consiglio: vada all'anagrafe a farsi cambiare nome; Matteo Berlusconi non suona neanche tanto male. 

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