mercoledì 5 novembre 2014

18 miliardi di merendine

18 miliardi di tasse in meno! Così annunciava il 15 ottobre Matteo Renzi nella conferenza di presentazione della legge di stabilità. Quasi 1.2 punti di PIL, la più grande manovra di riduzione delle tasse del secolo, roba che neanche il più liberale dei governo italiani (casomai ce ne fossero stati) abbia mai fatto.

Peccato che il premier non perda il vizio di fare annunci senza contenuti. Renzi mi ricorda uno spot ruffiano e suadente in cui si devono vendere beni primari di consumo; magari voluttuosi e non necessari ma comunque importanti nel marketing contemporaneo. Mi ricorda quello spot interpretato da un famoso attore spagnolo ambientato nell’idilliaco e antico mondo dei mulini ad acqua, in cui tutto è soffice e inzupposo, impastato a mano come si faceva una volta e in cui persino le galline fanno gioiosamente le uova con la sola passione di impastarle alla farina. A dirla tutta più che l’originale Renzi mi ricorda la parodia di quel genio della comicità che è Maurizio Crozza: “molti mi chiedono da dove mi vengono le idee; ieri notte ho sognato…di dare 80 euro ai lavoratori dipendenti. Stamattina, mentre andavo agli studi di Canale 5 a farmi intervistare dalla D’Urso ho sognato di dare altri 80 euro alle mamme”.
Ahinoi il mondo reale non è fatto di biscotti e zucchero ma è fatto dai ben più amari sapori della crisi e le merendine promesse dal governo possono solo dare l’illusione di un presente più dolce.

Giulio Zanella, in un pregevole pezzo uscito sul blog Noise from Amerika il 16 ottobre, si era subito accorto che nella retorica renziana c’era qualcosa che non quadrava. Prima di tutto applicando la corretta definizione alle poste contabili presenti del DDL, i miliardi di tasse in meno non erano 18 ma 12,6. Una differenza non trascurabile pari al 30%.

Si dirà che comunque di minor tasse si tratta e pazienza se chi ha redatto il testo non conosce la differenza fra imposta e detrazione o fra spesa pubblica e contributi. Ma ad andare a guardare le cose in modo approfondito si scopre che anche questa cifra è abbastanza effimera.

Le coperture, imprescindibili per non incorrere nella bocciatura della commissione europea, sono date da 4 miliardi di tagli ai trasferimenti agli enti locali, i quali sono subito scesi sul piede di guerra e, as usual, potranno alzare i tributi locali in compensazione; sono dati anche da due clausole, contenute nel comma 3 dell’art. 45 che recita “l’aliquota iva del 10% è incrementata di …. punti percentuali a partire dal 1° gennaio 2016 e di ulteriori ….punti percentuali dal 1° gennaio 2017. L’aliquota iva del 22% è incrementata di … punti percentuali dal 1° gennaio 2016, di ulteriore … punto percentuale dal 1° gennaio 2017 e di … ulteriore … punto percentuale a partire del 1° gennaio 2018. A decorrere dal 1° gennaio 2016 l’aliquota sulla benzina […] e sul gasolio usato come carburante è aumentata di … centesimi”. Dunque se i conti non torneranno, e al momento non si vede come possano tornare, avremo aumento dell’iva e dei carburanti; alla faccia della ripresa dei consumi interni che sono da anni il male italiano.

Ammettetelo, quei puntini sospensivi che sono là da riempire non suonano sinistramente come già visti?

Poi ci sono altre misure di aumento della tassazione, questa volta senza il dubbio dei puntini, che riguardano l’aumento della tassazione degli utili sulle forme di previdenza complementare (ci torneremo nei prossimi giorni con un post dedicato), la riduzione di 1.9 miliardi della dotazione per il Fondo per la riduzione della pressione fiscale, l’aumento dal 3,5% al 3,9% dell’aliquota IRAP solo parzialmente compensato dalle agevolazioni previste per le start up innovative che assumeranno personale nel 2015.


Insomma, Renzi annuncia prelibatezze e produce junk food. Speriamo che invece delle merendine non ci propini un grissinazzo.

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