mercoledì 31 dicembre 2014

Requiem per il 2014

Non si può dire che sia stato un anno noioso, soprattutto sul fronte politico. Il 2014 è cominciato il 14 febbraio con le dimissioni di Enrico Letta, noioso ma rassicurante interprete di una politica più vicina al grigiore degli anni ’70 che ai tumultuosi anni di inizio di questo secolo. A fargli le scarpe uno scalpitante ragazzotto fiorentino e la sua corte di bellezze con gli occhi blue che ha avuto il merito, impossibile negarlo, di aver portato una ventata di freschezza, almeno nell’eloquenza.


Le immagini raccontano meglio di qualunque parola come si è arrivati al passaggio di testimone e l’incontenibile gioia con cui Letta nipote consegnava il campanello al giovin Matteo dice tutto.




Uno degli slogan di Renzi era “cambio verso”. In effetti il verso è cambiato, perché è passato dai sussurri gravi in gessato grigio ai cinguettii su twitter in camicia bianca e bomber.

A non cambiare verso è stata invece la salute dell’economia italiana. Il 2013 si era chiuso con un rapporto debito/pil al 132,6% (al lordo delle misure di sostegno e debiti della PA) e si chiude ben oltre il 134%. Il tasso di occupazione era al 12,6 e sfonda oggi il 13% con, inoltre, un saldo netto negativo di nuove imprese.
Non meglio le cose sono andate sul fronte delle riforme. Quella elettorale, frutto del famigerato e sciagurato patto del Nazareno, è al palo; non è in sé un male visti i termini antidemocratici e pro-partitici che presentava la prima bozza dell’Italicum. Il risultato più significativo, l’unico, portato a casa da Renzi è il Jobs Act. Gli effetti li vedremo l’anno prossimo e sarei portato ad essere ottimista vista la feroce opposizione di Camusso, Landini e Fassina ma la sensazione prima è che poco o nulla cambierà perché il lavoro non si crea con un decreto attuativo o una legge bensì con la crescita economica.
Il pasticcio sull’applicabilità delle nuove norme ai dipendenti pubblici è lo specchio di un’ambiguità (in alternativa “paraculismo”) che ha accompagnato sin qui tutta l’attività del governo in carica.

Renzi porta a compimento anche la legge di stabilità più farlocca che si sia mai vista. Un insieme confuso di promesse e slogan che non reggono neanche alla lettura delle prime righe. Il colpo di grazia che è stato dato al risparmio previdenziale, gli aumenti diffusi e malcelati delle imposte, la strage perpetrata a danno del regime dei minimi, sono foschi presagi di un 2015 ancora molto difficile per contribuenti e risparmiatori. Se dopo 13 mesi di recessione non ci sarà un’inversione di tendenza, magari aiutata da fattori esogeni (mi vien da pensare a interventi europei e al calo vigoroso del costo del petrolio), i nostri destini saranno segnati e il declino sarà una caduta dolorosa in fondo al burrone.

E’ stato l’anno delle elezioni europee e della crescita dei partiti antieuropei, rappresentati in Italia da quell’altro gigione che risponde al nome di Salvini. Prima il no-euro tour con la peggiore delle balle possibili sullo sfondo, le svalutazioni competitive, e poi la boutade (commentata qui) della flat tax. 

Salvini, che fino a pochi mesi fa cantava “Napoli merda, Napoli colera” e chiedeva di bloccare l’esodo verso nord di insegnanti precari meridionali scopre un nuovo meridionalismo e lancia il movimento per il sud Noi con Salvini. Probabilmente per un po’ gli andrà bene perché anche lui è dotato di buona eloquenza e nel nome Matteo deve esserci scritto un destino. Meno comprensibile è vedere come molti italiani abbiano la memoria di un pesce rosso e oggi inneggino a quello che fino a l’altro ieri consideravano un fannullone.

Si è sgonfiato per contro il Movimento 5 Stelle, schiacciato dalla responsabilità di fare politica e non pura protesta. Era tutto previsto. Alla fine ne rimarrà uno, anzi tre: Grillo, Casaleggio senior e Casaleggio junior perché anche i guru tengono famiglia.

Insomma salutiamo il 2014 senza rimpianti e siamo fiduciosi: il 2015 non sarà diverso.

Auguri.

domenica 28 dicembre 2014

Un pensiero sociale? (settima parte)

Ho comprato casa poco prima di sposarmi. 

Ovviamente essendo una prima casa, beneficiai della agevolazione sull'IVA. Feci tutto quello che era da fare, compresa la registrazione della mia residenza entro un anno dal rogito.
Dopo qualche tempo, mi venne recapitata una lettera dell'Ufficio IVA di Brescia che chiedeva di dimostrare che tutto fosse stato fatto in regola, presentando un certificato di residenza. Conoscete la Legge Bassanini sulla autocertificazione? Presi mezza giornata di permesso e andai in Comune per richiedere il documento. 

sabato 27 dicembre 2014

Un pensiero sociale? (sesta parte)

L'Italia è il paese delle sanzioni e delle tasse. E non si sa quanto le prime siano seconde e le seconde prime...

Se ci pensate, appena nati e subito dopo aver ricevuto un nome in regalo, lo Stato (che ci farà da papà e mamma per sempre) ci assegna un codice che guarda caso si definisce "fiscale". Appena nati siamo già pronti a pagare le tasse (e le sanzioni). Fin dalle prime esperienze scolastiche ci imbattiamo in una quantità abnorme di regole, leggi, divieti, moduli da compilare... il tutto sempre legato a possibili "sanzioni applicabili".

L'Italia è un paese strano. Credo che solo nel nostro paese su un cartello semplice e chiaro come "VIETATO FUMARE" debba essere riportato il supplizio a cui sarai sottoposto se violerai tale obbligo. E con dovizia di particolari (donne incinta e bambini compresi). Non solo. Bisogna anche indicare chi è responsabile di far rispettare tale divieto: sia mai che lo Stato non possa "sanzionare" anche lui se non sta attento a sufficienza. Le gabelle sono in ogni dove, nascoste nelle pieghe delle leggi, seguendo la logica di "reato e conseguente pena".
Siamo circondati da queste regole e conseguenti sanzioni: a scuola, al lavoro, negli uffici amministrativi statali, nelle comunicazioni del nostro comune di residenza, sul passaporto... E' evidente poi, che per ogni sanzione c'è una legge (o per meglio dire viceversa). Ma quanto poi una sanzione diventa in effetti tassa?

mercoledì 24 dicembre 2014

Un pensiero sociale? (quinta parte)

Il lavoro rende liberi? Il lavoro nobilita l'uomo? Senza lavoro non c'è dignità?
L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro?

Questa quinta parte de "Un pensiero sociale?" è la quintessenza del discorso. Forse.

Come rispondereste alle domande iniziali? Io con tre "no". Lo dico subito. Ho imparato con il tempo che lavorare dovrebbe divertire (parte positiva) e che si lavora per vivere (parte negativa). Non si vive per lavorare!
Il lavoro dovrebbe dare soddisfazioni sotto ogni punto di vista e dovrebbe porre obiettivi nobili nella nostra quotidianità, visto che comprende in termini di tempo una decisamente cospicua parte della nostra vita.

Oggi il lavoro è tutto fuorché quanto vorremmo: non ci da soddisfazioni economiche e non ci diverte e soddisfa. Sono generalizzazioni anche in questo caso, ma credo che per chi ha la fortuna di avere un lavoro, la mia analisi non si discosti molto dalla realtà. Mediamente. Non che in passato fosse tutto rose e fiori, sia chiaro, ma se proviamo a chiedere ai nostri genitori e proviamo un minimo a tuffarci e capire profondamente il loro status sociale quand'erano giovani, ci accorgiamo che - ommioddio lo sto per dire! - si stava meglio quando si stava peggio. Ok, l'ho detto!

martedì 23 dicembre 2014

Del perché una legge di stabilità così

Ci sono due possibili ragioni del perché la legge di stabilità 2015 sia venuta fuori come un guazzabuglio confuso di nuove tasse e di vessazioni fuori controllo.
La prima ragione possibile è che è nata da un conflitto fra le esigenze elettorali (imminenti o future) di Renzi che continua nella sua infaticabile opera mediatica fintobuonista che l’Italia deve svoltare, le tasse devono diminuire, il lavoro si deve creare eccetera eccetera, e i vincoli di un bilancio ancora e ancor di più traballante e per questo sottoposto all'osservazione critica della commissione europea.
Il risultato sperato potrebbe essere quello di mascherare all'elettorato l’inasprimento fiscale con bonus tipo 80 euro, ché tutte le norme che vanno nella direzione di un aggravio del carico tributario sono tecnicamente poco comprensibili alla maggioranza dei cittadini.

Prendiamo ad esempio la riforma del regime dei minimi. Introdotto nel 2012 era uno dei pochi capitoli della intrigatissima materia fiscale che funzionava e rappresentava un valido aiuto per quei contribuenti (partite IVA innanzitutto) che non accedono ad altre agevolazioni. Con il nuovo “riordino” cade il castello delle agevolazioni e si crea un pesante incentivo all'evasione. Altri (Mario Seminerio qui) ne hanno descritto funzionamento e conseguenze per cui non mi dilungherò.

Un pensiero sociale? (quarta parte)

Parlavamo di rabbia? (vedi terza parte) E a me viene subito in mente il '68 e la "rivolta" studentesca. Da quel avvenimento storico (e a tutto ciò che vi è legato) hanno origine tanti effetti, a mio avviso.

La "rivolta" per quanto mi è dato sapere ebbe origine all'Università Cattolica di Milano. La stessa università che ho frequentato per qualche anno (eufemismo). Sia chiaro fin da subito e a perenne memoria: io non sono laureato. Per non cadere in errori simili, di altri ben noti personaggi (e io, mio caro Oscar, ho ancora i biglietti e ahite sono ancora veramente incazzato!) lo voglio specificare per bene e a chiare lettere. Non sono laureato. L'ho già scritto?

lunedì 22 dicembre 2014

Il difficile rapporto fra Renzi e la spending review

Matteo Renzi
"Da ieri sera è attivo soldipubblici.gov.it, il portale su cui è possibile consultare quanto spendono le Pubbliche Amministrazioni in Italia. Come avevamo promesso, vogliamo mettere tutte le spese online, perché contro la corruzione non c'è miglior strumento della trasparenza, del monitoraggio e del controllo dei cittadini. Vedere quanti soldi sono stati spesi per la refezione dei propri figli a scuola, o quanto è costata la piazza appena riqualificata, o più semplicemente quanto è stato speso in carta nel proprio Comune, dà alle persone uno strumento pazzesco di pressione nei confronti della PA per dare conto di cosa si è fatto con i nostri soldi e per chiedere servizi migliori. Entro qualche settimana arrivano anche i dati di tutti i ministri: facciamo trasparenza piena, totale, senza trucchi.
In fondo la trasparenza è il modo più incisivo per educare i nostri politici ad essere buoni amministratori. È il modo con il quale si fa davvero la spending review"

No @Matteo Renzi, la spending review si fa tagliando la spesa e questo è compito esclusivo della PA. Hai concesso ai cittadini uno strumento di controllo per adesso limitato e parziale. Serve a niente sapere che la regione Lazio (ad esempio) ha speso 15k euro per cancelleria se non si sa se questa spesa è in linea con le direttive Consip o piuttosto frutto degli arbitrari criteri della stazione appaltante.

Mi aspetto una implementazione del portale altrimenti mi sentirò ancora una volta cittadino preso in giro.

Flat tax, ovvero: la destra che né può né vuole governare

Ricomincia a girare la "proposta" (si fa per dire) dell'aliquota unica. Ha iniziato Salvini facendone, assieme al ritorno alla lira, l'altra colonna sulla quale edificare la nuova Lega Nazional-Socialista. BS, non potendo essere da meno, ha detto che la vuole anche lui e con un'aliquota ancor minore ... o forse è l'opposto? Non fa gran differenza e nei sommari a volte si scherza ... Il fatto è ch'è tutto un fremere di rilanci e promesse improbabili a conferma che la cultura politico-economica che permea i partiti della destra italiana attuale li rende incapaci di governare il paese. E questo è il male grave di cui val la pena occuparsi.

Matteo Salvini, a cui indubbiamente non manca fiuto per attrarre voti, dopo aver cavalcato la tigre antieuropea integra la sua proposta politica lanciando l'idea della flat tax. Affascinante e suadente riforma per un Paese allo stremo a causa (anche) della feroce pressione fiscale. A lui si accoda il vecchio leader del centrodestra che, da vent'anni, raccoglie consenso con promesse, mai realizzate, di riduzione delle imposte. Il segretario della LN ipotizza un'imposta unica sui redditi al 15%, Berlusconi al 20%. Per i (pochi) dettagli disponibili dell'una e dell'altra "riforma" rinviamo a questo articolo di Daveri e Danielli con relativi allegati.

Ipse Dixit

Inauguriamo oggi una nuova sezione in cui metteremo un po' delle più esilaranti panzane che si trovano in giro sui social network (li chiameremo facebookismi) e delle più clamorose inesattezze raccontate da personaggi pubblici e politici.

Alcune saranno oggetto di commento, altre si commenteranno da sole.

Buon divertimento

Un pensiero sociale? (terza parte)

Gli italiani sono un popolo arrabbiato.

Probabilmente qualcuno potrà contraddirmi dicendo che anche altre popolazioni hanno tale carattere distintivo. Ok, accetto la sottolineatura, ma noi siamo in Italia no? Pensiamo a casa nostra, allora. (Noticina: e nessuno inizi ad argomentare la rabbia dei tedeschi che avrebbe favorito l'ascesa del Terzo Reich, ok?)

Dicevo che gli italiani sono un popolo arrabbiato. Si vede da come ci comportiamo allo stadio, quando saliamo in auto, al lavoro con i colleghi, quando gesticoliamo incessantemente discutendo di politica. E' una generalizzazione e come tale debole di per se, eppure trovo che sia comunque un carattere distintivo del popolo italico, specialmente negli ultimi anni e in politica. Infatti le forze partitiche che di recente hanno trovato un minimo di consenso popolare hanno basato la loro campagna di comunicazione sulla rabbia verso qualcuno o qualcosa. Che siano gli immigrati o la classe politica della prima/seconda/terza repubblica o ancora l'Euro e la Germania, poco importa. Se il politico nel suo discorso sul palco riesce ad alimentare e veicolare la rabbia della platea, ha quasi sempre un buon ritorno mediatico. E anche i mezzi di comunicazione su queste cose ci sguazzano ignominiosamente: gelati leccati o parolacce a profusione è indifferente.

sabato 20 dicembre 2014

Un pensiero sociale? (seconda parte)

I figli crescono nello stesso ambiente sociale in cui noi siamo cresciuti?
Intendo, socialmente ricevono gli stessi stimoli che abbiamo ricevuto noi da bambini?

Da piccolo, vicino a dove abitavo a Milano, una sera si sentirono i colpi di una mitraglietta. Lo ricordo bene: io ero seduto sul parquet in cameretta a giocare - come al solito - con il Lego. Dalla finestra si udirono i colpi.
Ho un ricordo vago, invece, delle spiegazioni offerte e probabilmente non capite da un bambino di 7 o 8 anni: Brigate Rosse o Vallanzasca? I ricordi sono confusi perché non sapevo di cosa si stesse parlando realmente. Vero è che una notte sognai che le Brigate Rosse erano nascoste nei mattoni di casa mia. Ricordo l'incubo di avere dei "cattivi" così vicini, nascosti, ma di non poter fare alcunché.

giovedì 18 dicembre 2014

Uno stato a moneta sovrana non può fallire... la Russia ad esempio...

Ogni tanto sui social network mi capita di dibattere con sostenitori della MMT. Non dovei farlo, almeno così ritengono miei amici economisti, perché è impossibile interloquire proficuamente con chi crede fideisticamente ad una dottrina che non ha alcuna base logica e scientifica; al massimo più che dialogare si può ragliare perché di asini si tratta. Ma, ahimè, facebook è luogo deputato principalmente al cazzeggio e ogni tanto cazzeggiare fa bene all'umore.

Sono due giorni che, complici le vicende russe, questi equini sono tornati all'assalto con le loro assurde teorie e io mi sono prestato volentieri alla polemica.
L’assunto di base dei cartalisti è che uno Stato che batte moneta sovrana non può mai fallire, mentre la conseguenza è che deficit e debito sono ricchezza perché, cito, “a debito corrisponde credito e se il soggetto A (lo Stato) emette debito dal nulla, il soggetto B (il settore privato) riceve ricchezza sempre dal nulla. Felicità!

mercoledì 17 dicembre 2014

Un pensiero sociale? (prima parte)

Poi mi dicono che mi arrabbio facilmente.
Non ho una età che già mi permette di definirmi saggio, ma un po’ di cose le ho viste. Mi vengono in mente sprazzi di memoria della mia adolescenza che rappresentano il seme di come sia oggi a livello sociale l’Italia.

Al liceo si scioperava perché il Giappone uccideva le balene e nel frattempo in piazza Tienanmen passavano i carri armati. I ragazzi non sapevano e seguivano l’onda, con la buona scusa di saltare 5 ore e magari un’interrogazione. In classe si parlava di politica e ripensandoci mi viene un po’ la pelle d’oca. Eravamo giovani e i discorsi non erano particolarmente elevati: ci si basava su cosa votava papà, sulle tradizioni di famiglia. Ma c’erano anche i ribelli, i frequentatori di centri sociali, i lettori – dichiaratamente di sinistra – di Oriana Fallaci. Cochise (o forse più semplicemente Cocis) era un derelitto umano che a 18 anni già si trascinava con il cervello bruciato da chissà quali stupefacenti. Eppure guidò una occupazione e tenne in scacco il mio liceo per un mese. I professori annuivano la mattina davanti al picchetto mentre la palestra era piena di preservativi in mezzo a sacchi a pelo puzzolenti di umanità.

giovedì 4 dicembre 2014

Tris: IVA, i pensonati di Silvio e gli amici di Alemanno

1.       Prendi questa mano zingara. Storia di IVA

Ovvero storia di una imposta che silenziosamente, costantemente, inesorabilmente è salita fino ad arrivare a livelli insopportabili.

L’iva fu introdotta nel 1973 ed era fissata al 12%. Subì 5 aumenti in meno di un ventennio arrivando al 20%, poi nel 2011 sotto la pressione degli eventi che travolsero il nostro debito sovrano e con la necessità da parte del governo Monti di dare un forte segnale di rigore finanziario, la tregua si interruppe e passò al 21%.

Per i governi successivi la linea Monti deve essere sembrata maestra giacché tanto Letta quanto Renzi hanno attinto a questa facile fonte per riordinare i traballanti conti italici. Con la legge di stabilità 2013 l’aliquota ordinaria è passata al 22%, con quella del 2015 Renzi ha calcato la mano minacciando un triplo aumento: 24% dal 2016, 25% dal 2017 e 25,5% dal 2018.